AMARCORD

TACO largoStentavo a crederci. Quando l’ho saputo, ho pianto fino a disidratarmi: Il Winner Taco torna a primavera, e qualcosa sarà come prima.
Subito ho richiamato alla memoria scene indecifrabili e lontanissime, come solo nei quadri surrealisti.

Dei tempi del Winner Taco, ricordo la maestra Anna: un incarnato da abitante degli abissi, la sua penna sempre rossa e 7 dita in tutto – una in più delle Tartarughe Ninja.
Mi voleva bene. Se ricordo alla perfezione le tragiche fiabe di Tolstoj, e se avverto la necessità di una doccia ogni volta che qualcuno mi urla contro, è anche grazie a lei. “Leggete Anna Frank. Leggete ad alta voce”, diceva. Io leggevo in soffitta, puttana la miseria.
La tacchinella al forno con ripieno di castagne: sempre buona a casa degli altri.
Mio padre e la sua cinta. Bianco avorio, zigrinata. Stupendamente dolorosa.

Certe cose l’abbiamo perdute per sempre e, per fortuna, – a differenza del Winner Taco – non c’è possibilità che facciano ritorno.
In questo articolo voglio ricordare quelle più significative, perché mi hanno dato molto anche in termini di alienazione.
E poi perché un blog, non riesco a concepirlo se non come un esercizio fallimentare di psicanalisi.

1. Libri game

Non so se sono ancora in commercio, né mi interessa: i libri game mi hanno iniziato ai mondi fantastici, e ciò mi basta per consacrarli alla storia. Riaprirne uno adesso sarebbe deludente, e non potrei mai accettarlo.

Appartengono a un periodo in cui mancavano punti fermi: i miei lavoravano, il vicino mi rubava i Lego. Al loro posto avrei potuto scegliere la droga (madre esci da questo corpo!), o il calcio, avrei potuto scegliere il sacerdozio. Dio, rabbrividisco.

E, per questo, non smetterò mai di ringraziare la ragazzina della 3°C col fratello tossico: è stato lui a prestarci tutte le avventure di Lupo Solitario.

Ne avessi mai finita una.

2. De Andrè, Battisti, Cobain

Erano tempi in cui i grandi della musica si spegnevano e tanti abbracci alle vedove. (Scusate, qui e ora non c’è spazio per la serietà. Se non siete d’accordo, la porta è generalmente in alto a destra).

3. Pierrot di Esplorando il corpo umano

Che pena infinita mi faceva Pierrot. Ogni puntata un dolore, ogni puntata una malattia, e quando stava bene i suoi amici si ammalavano, o gli moriva il nonno.
Nulla a che vedere con il fortunato e dolce Remì. Sì ok, Remì viveva di stenti ma in confronto era un pesce. Pierrot in 25 episodi ha avuto: congiuntivite, orecchioni, raffreddore, carie, bronchite, cali di pressione, dermatite, attacchi di panico. Era un programma per bambini, santissimo cielo: ma chi cazzo vi scriveva le sceneggiature? Giovanni Lindo Ferretti, forse.

Che poi non c’era nulla di educativo in Siamo fatti così.
No, davvero: sapreste spiegare a vostra nonna il funzionamento del cuore-solido-motore, dei muscoli-scattanti-sempre-scalpitanti o ciò che vi resta è un vacuo ricordo di due rime in croce?
Ecco, appunto.

Pierrot era condannato ad una vita di solitudine e malattia, trattato alla stregua di un topo da laboratorio per meri fini d’intrattenimento televisivo. E non importa che al suo fianco svettasse la bella Quello-che-era e avesse un fascinoso alter-ego linfocita.

Volevo esserti amico e starti vicino (beh, non proprio vicino), Pierrot.

4. Uan

Non potevo esimermi dal citarlo. Lo considero quasi un padre, con tutte le implicazioni del caso. Sapete già quanto ha fatto per noi e che vuoto incolmabile abbia lasciato nei nostri bla bla bla, per cui non mi dilungo: le mie considerazioni le trovate sul libro a lui dedicato.

Uscirà a breve: il tempo di chiedere un finanziamento a Bonolis e vivrò il resto dei miei giorni a Copacabana, tra dialisi e night club.

5. Che fine ha fatto Carmen Sandiego?

Ma scusate: e Altavista allora? E i Piccoli Brividi? E il Crystal Ball? (“Guarda che lo vendono ancora!” Tacete, per favore. Una volta usavano un mastice dall’odore più accattivante della benzina, mille colori divertenti ed eravamo felici e assuefatti. Ora invece?) E Giucas Casella?

Sono interrogativi che non hanno risposta e se ce l’hanno è sibillina.

6. VHS e Tinto Brass

Ero indeciso tra Berlinguer e i VHS. Alla fine ha vinto il basso ventre.
Tenetevi i vostri Sorrentino, l’orgoglio italiano e il resto. Per me c’è emozione quando si parla sotto la cintola; e Tinto Brass nell’erotico rimane imbattuto: alcune scene de L’uomo che guarda hanno contribuito alla nascita delle mie più care perversioni sessuali.

Per non parlare di Salieri nel porno: La Saga di Concetta Licata sarebbe da conoscere a menadito. All’infuori della presenza di una trama – in un porno gente, in un porno – è propedeutica allo studio delle figure plastiche berniniane.

Riformerei la scuola con i VHS di mio padre, ecco.

7. Maurizio Costanzo

P2, consigli per gli acquisti e cravatte discutibili: Maurizio Costanzo era un genio. E non parlo del suo servilismo ai poteri occulti, del suo essere così viscido e grasso con il benestare delle emittenti Mediaset. No. Mi riferisco a capolavori come La Casa dalle finestre che ridono e Zeder, che portano la sua firma, ed echeggiano nel desolante panorama horror italiano.
Vedevo quei film che non avevo ancora tutti i peli pubici, e ad oggi mi turbano.

Mi sono sempre chiesto come mai tutto quell’accanimento nei confronti del genere. Cosa ci spingesse a passare i pomeriggi chiusi in un ripostiglio con Dario Argento e fuori il sole. Forse perché nella videoteca di paese, l’horror era l’anticamera dei film per adulti; e una fase della vita da cui non si può prescindere.

8. Clippy di Microsoft Word

Stava lì a fissarti, inquietante e inopportuno. Due occhi ebeti, nessuna bocca. Mai ‘na volta che mi avesse aiutato: “Clippy, come si fa un elenco puntato?” “Non conosco questa parola. Cambiala!”. Era il suo mantra. Il mago era anche più incompetente. Eppure mi facevano compagnia nel periodo più buio della mia esistenza, che coincideva curiosamente con l’apogeo di Windows 98.

9. Fabrizio Frizzi

Devo molto, persino a Fabrizio. Fabrizio si è fatto maestro di niente; le sue conduzioni erano il deserto dei Tartari: mi rincuorava tutta quella mediocrità.
Penso che il suo erede naturale sia Fazio, e non per qualche motivo di allitterazione.

Detto questo, mi domando: ma la famiglia come sta? A casa l’hanno presa bene? E perché nessuno ne ha mai parlato? No, dico, del fatto che non abbia ancora lasciato il piccolo schermo. Sono il solo a preoccuparsene?
Vergognatevi.

Vorrà dire che lo saluto io per tutti, anche per quando sarà:
Ciao Fabrizio, insegna agli angeli a volare basso.

10. E, comunque, ho sempre preferito il Twister al Winner Taco.

7 pensieri su “AMARCORD

  1. I libri game.
    Hai riaperto una ferita che credevo rimarginata… se la via per il Winner Taco mi è chiusa dalla Stronzachia, potrei sempre saccheggiare i mercatini dell’usato.

    E comunque li ho rivisti in versione “moderna” alla Mondadori del Duomo, a Milano.

    THERE IS STILL HOPE.

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